In questi articolo vedremo brevemente l’ambiente socio-culturale in cui è inserita la sindrome premestruale e il ciclo mestruale generale.
Faremo un breve viaggio nella storia per cogliere le varie spiegazioni che la cultura popolare, e in seguito la comunità scientifica, hanno costruito intorno a questo fenomeno fisiologico che, ancora oggi, non è libero da tabù e pregiudizi, che inficiano il buon esito della ricerca scientifica.
Il ciclo mestruale nella storia
I primi accenni sulla donna e le mestruazioni risalgono ai miti greci e alle prime opere di carattere religioso.
Nella mitologia, originariamente, le mestruazioni erano viste come qualcosa di positivo, ma questa accezione e andata decadendo nel tempo, lasciando spazio ad una visione più negativa.
La donna, nei secoli, e spesso stata dipinta come malvagia e tentatrice, e tutto ciò che proveniva dal suo corpo era visto come qualcosa di compromettente, di disgustoso, qualcosa che meritava di essere nascosto [5].
Nel 300 a.C., con Ippocrate, possiamo leggere uno dei primissimi accenni alla sindrome premestruale quando lo studioso imputava al mestruo la funzione di purgare i cattivi umori della donna [3]
E` a partire dal 325 d.C. che le mestruazioni iniziano ad avere una declinazione decisamente negativa, troviamo infatti le prime prove scritte a sostegno del fatto che il concepimento nel periodo del mestruo portasse a generare lebbrosi ed appestati [6].
Nel XI secolo Trotula de Ruggero, ginecologa, ci riporta una sua intuizione circa il ruolo liberatorio del mestruo ed un primo accenno alle tensioni derivate dalla Sindrome Premestruale. Essa infatti osserva in “De passionibus Mulierum Curandarum (Delle malattie delle donne)” che ”Ci sono giovani donne che sono sollevate quando vengono chiamate le mestruazioni”. [3]
Nel 1500, complice l’irrigidimento della morale sessuale, le conseguenze della violazione del tabù mestruale sembrano diventare ancora più gravi, in quanto il risultato sarebbe un vero e proprio mostro.
In questo periodo nasce la teoria generativa dei mostri, secondo cui questi sarebbero il risultato di un feto alimentato dal sangue impuro delle mestruazioni con gli ultimi scritti a sostegno di questa teoria risalenti al 1700.
Successivamente il rapporto tra scienza e teologia inizia sempre più a disgregarsi e diviene fortunatamente difficile sostenere questo tipo di credenze, almeno in campo medico [6].
Non si può tuttavia dire lo stesso a livello della cultura popolare che rimane impregnata di queste credenze; non di rado infatti si racconta, ancora oggi, dell’impossibilita per la donna di svolgere determinate attività durante il periodo mestruale, tra cui curare i fiori, impastare, creare salse, lavarsi.
In alcune culture si prevede anche la reclusione della donna, per preservare gli altri dalla sua impurità [6].
Primi accenni alla Sindrome Premestruale.
Nel 1837 James Cowles Prichard ci offre una descrizione abbastanza puntuale della sindrome premestruale scrivendo:
”Alcune donne nel periodo mestruale subiscono un considerevole aumento di eccitazione nervosa, il loro malessere mentale si mostra con un carattere ribelle e capriccioso, sentimenti particolarmente eccitabili, debolezza nella disposizione e con una propensione a litigare con i loro parenti più cari e talvolta una abbattimento della mente che si avvicina alla malinconia.”
In questo periodo inizia ad essere studiato il concetto di psicosi mestruale, intesa come momento di breve durata, caratterizzata da allucinazioni, sindromi maniacali e legami con la ciclicità mestruale. [9]
Brockington I. [9] nel suo lavoro sulla psicosi mestruale ci offre diverse informazioni storiche. In particolare riporta che nel 1828, Hitzig [10] descrisse il disturbo dell’umore mestruale in relazione al caso di una madre, condannata per figlicidio. La donna, condannata a morte, racconto ad un prigioniero di aver provato dei sintomi inspiegabili prima e durante il ciclo mestruale; a seguito di ciò fu visitata di un medico e, conseguentemente, assolta.
Nel 1914, Jolly [15] sottolinea il ruolo dello stadio della vita riproduttiva ed identificando psicosi che iniziano prima del menarca, durante il menarca, in menopausa, e psicosi mestruali ricorrenti in casi dell’epoca.
Nonostante le numerose osservazioni riportate da questi ultimi, Brockington [9] segnala come il concetto di psicosi mestruale non venga, tuttavia, universalmente accettato e che molti psichiatri dell’epoca non erano a conoscenza del disturbo.
Bisognerà arrivare al 1987 per avere un primo riconoscimento concreto della sindrome premestruale e iniziare a vedere un suo inserimento nei manuali diagnostici.
I tabù mestruali sopravvissuti nell’era moderna.
Parlare oggi di mestruazioni e sindrome premestruale potrebbe sembrare semplice.
Potremmo credere di aver fatto grossi passi avanti rispetto al passato e di aver abbandonato, come società, molti atteggiamenti paternalistici e pregiudizievoli.
La realtà dei fatti non e tuttavia questa: siamo ancora all’interno di un discorso difficile, ricco di tabù e misconcezioni, che fanno da scenografia alla difficile lotta di molte donne contro questa sindrome.
I pregiudizi e i preconcetti sulla donna mestruata si sono diffusi cosı tanto negli anni che sono diventati un’ostacolo per la ricerca stessa poiché falsavano le risposte ai questionari.
I risultati di vari studi mostrano inoltre che spesso le donne, spinte dalle credenze popolari circa l’umore premestruale, tendono più facilmente ad attribuire la loro infelicità a cause interne piuttosto che esterne ed ambientali[26].
Ancora oggi, nonostante siano passati secoli dai tempi bui che abbiamo introdotto precedentemente, sopravvivono ancora credenze arcaiche legate al ciclo mestruale, che vengono tramandate di generazione in generazione[25].
Si vocifera ancora troppo spesso, citando solo qualche esempio, che le donne mestruate facciano andare a male la carne o il vino, o ancora che non facciano lievitare gli impasti, o che facciano morire piante e fiori e quindi non debbano toccarle[24].
La rappresentazione nei media
Cominceremo la nostra analisi osservando come le mestruazioni vengono rappresentate dai media, rapida porta di accesso alla cultura della popolazione odierna.
Merskin D. [25] ci offre un’interessante chiave di lettura da cui partire introducendo il legame tra la pubblicità dei prodotti igienici per il ciclo mestruale e i tabu della società.
Nel suo articolo riporta l’attenzione sull’uso che i pubblicitari fanno del concetto di vergogna nei loro spot e sottolinea come, nel passato, poteva capitare che le donne venissero incentivate a ricordare la vergogna provata durante l’ultimo ”incidente mestruale” da loro vissuto e a porvi rimedio, acquistando il prodotto consigliato.
Chrisler J.C., porta l’attenzione sulle censure e sulle immagini allegoriche spesso utilizzate dai media per rappresentare il periodo mestruale.
Il primo elemento che dovrebbe saltare agli occhi e innanzitutto la rappresentazione del sangue mestruale; in molti spot pubblicitari infatti si preferisce utilizzare un liquido blu, innocente e rassicurante, per dimostrare l’efficacia degli assorbenti. (Mentre assolutamente normale vedere immagini sanguinolente associate alla vendita del dentifricio, ad esempio).
L`arte contro il pregiudizio mestruale.
A partire dagli anni 70 artiste femministe hanno cercato, esprimendosi attraverso varie discipline, di cambiare l’atteggiamento di disgusto e rifiuto verso le mestruazioni.
Qualche esempio di questo fiorente filone, che non possiamo approfondire in questa trattazione, ci arriva dalle opere di Judy Chicago, delle Guerrilla Girls, Joana Vasconcelos, e Jen Lewis.
Possiamo riflettere anche sulla terminologia associata al mestruo, e vedere come alle donne venga proposta l’idea di poter vivere ”una vita normale” nonostante il ciclo; o possiamo soffermarci sull’uso smodato di termini come ”sentiti fresca”, o ”sentiti sicura”, o ancora ”sentiti pulita” associati al periodo mestruale.
Questi sono tutti concetti che di rimando offrono un quadro di una femminilità innanzitutto sporca e vergognosa, ma anche insicura ed instabile.
Potremo infine notare come questa censura si estenda anche nel linguaggio comune, dove spesso le donne preferiscono utilizzare termini come ”le mie cose”, oppure ”quel momento del mese” per indicare il momento delle mestruazioni [5].
Nel lavoro di Chrisler Levy [27] troviamo un’analisi interessante di una serie di articoli, svolta allo scopo di analizzare la percezione della sindrome premestruale che essi veicolano.
Al termine dell’analisi gli studiosi sottolineano come spesso non ci sia una chiara spiegazione di quali sintomi premestruali sia possibile incontrare senza cadere nella patologia, e come spesso si miri a sottolineare la pericolosa instabilità della donna premestruale ( quando solo il 5% di esse cade nel comportamento criminale).
Inoltre sottolineano, come nel caso di Gwen Morse, R. N. (1999) [28] nel suo lavoro, che e raro trovare articoli che mirino a sottolineare i cambiamenti positivi portati con se dal momento pre-mestruale, sottolineando come sarebbe invece importante permettere alle donne di trovare anche testimonianze positive a cui rifarsi ed ispirarsi.
Conclusione
Il DSM-V stabilisce che la sindrome premestruale non è legata alla cultura, in quando sono presenti casi in Europa, Asia e in India.
Sintomi e manifestazioni possono tuttavia essere significativamente influenzati da fattori culturali[19].
A questo proposito nell’articolo di Chrisler J.C., Caplan P., (2002) troviamo prove a sostegno dell’idea che la sindrome premestruale venga influenzata anche dalle costruzioni sociali legate non solo alle mestruazioni in se, ma anche al ruolo di donna. Una brava donna è, socialmente, colei che è paziente e controllata: in un contesto del genere ogni momento di ”perdita di controllo” diviene motivo di preoccupazione e stress per la persona che lo vive. Sottolineano inoltre come, nelle società industrializzate, ci sia una tendenza a considerare le persone eccellenti quando funzionano come macchine ben oliate.
Non c’è di conseguenza spazio per la ritmicità, la mutevolezza e l’emotività; questo comporta una grande sofferenza per quelle donne che non riescono a soddisfare questi criteri a causa delle loro fluttuazioni mestruali.
L’altra faccia di questa medaglia è rappresentata da tutte quelle donne che per fuggire da queste pressioni sociali si aggrappano all’etichetta di sindrome premestruale per evitare le responsabilità che sentono gravare su di loro ed essere cosı giustificate, almeno una volta al mese, a non essere perfette.
Oggi alle donne che si pensa abbiano la sindrome premestruale si consiglia di rallentare il ritmo frenetico della loro vita, a volte in modi che possono danneggiare le loro possibilità di carriera e di successo.
Ad esempio i libri di auto-aiuto consigliano alle donne di riferire ai loro capi della sindrome premestruale, anziché pianificare importanti incontri di lavoro o viaggiare durante la fase luteale [26].
E’ importante riflettere sui tabu legati alle mestruazioni parlando di sindrome premestruale poiché essi sono profondamente legati alla concezione e al riconoscimento delle problematiche femminili nella società.
La difficoltà che, vedremo nei prossimi articoli, hanno incontrato diverse donne, per anni, nel far riconoscere come reali i sintomi che portavano all’attenzione della comunità medica non può essere ignorata.
Bibliografia
[5] Chrisler, J. C. (2011).Leaks, lumps, and lines: Stigma and women’s bodies. Psychology of Women arterly, 35(2), 202-214.
[6] Niccoli, O. (1980). <<MENSTRUUM QUASI MONSTRUUM: PARTI MOSTRUOSI E TABU’MESTRUALE NEL’500. >> Quaderni storici, 402-428.
[9] BROCKINGTON, I. (2005). Menstrual psychosis. World Psychiatry, 4(1), 9..
[10] Hitzig, J. E. (1827). Mord in einem durch Eintreten des Monatsflusses herbeigef¨uhrten unfreien Zustande.Hitzig’s Ztschr Kriminalrechtspege, 6, 237-330.
[15] Jolly, P. (1915). Menstruation und psychose. Archiv fur Psychiatrie und Nervenkrankheiten, 55(3), 637-686.
[19] American Psychiatric Association, American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders: DSM-5.
[24] THuren, B. M. (1994, March). Opening doors and geing rid of shame: Experiences of Arst menstruation in Valencia, Spain. InWomen’s Studies International Forum (Vol. 17, No. 2-3,
pp. 217-228). Pergamon.
[25] Merskin, D. (1999). Adolescence, advertising, and the ideology of menstruation. Sex Roles, 40(11-12), 941-957.
[26] Chrisler, J. C., Caplan, P. (2002). e strange case of Dr. Jekyll and Ms. Hyde: How PMS became a cultural phenomenon and a psychiatric disorder. Annual Review of Sex Research, 13(1), 274-306.
[27] Chrisler, J. C., Levy, K. B. (1990). e media construct a menstrual monster: A content analysis of PMS articles in the popular press. Women health, 16(2), 89-104.
[28] Morse, G. (1999). Positively reframing perceptions of the menstrual cycle among women with premenstrual syndrome. Journal of Obstetric, Gynecologic, Neonatal Nursing, 28(2), 165-174.